La struttura politica creata dagli Ittiti nel II millennio a.C. venne imposta ai popoli anatolici con la forza, grazie alla superiorità militare e diplomatica. I conquistatori rimasero sempre una minoranza in armi, diversa anche culturalmente dai popoli delle città-stato con i quali erano entrati in contatto e che poi dominarono con metodi abbastanza tolleranti. Più che un impero, quello creato dagli Ittiti era una grande federazione di genti diverse che essi guidavano; infatti, dopo avere sottomesso un popolo, si limitavano a riceverne tributi e aiuti militari, lasciando di solito sul trono locale il sovrano vinto, libero di amministrarsi autonomamente e di trasmettere direttamente il potere alla propria discendenza. Tale possibilità non era invece concessa, almeno fino al XIV sec. a.C., ai monarchi ittiti. Come per tutti i popoli di origine indoeuropea, il sovrano veniva scelto da un’assemblea di uomini liberi (cioè di guerrieri) che ne controllavano l’operato. La sua autorità non era dunque assoluta ma, al contrario, veniva continuamente messa in discussione e limitata dai nobili che, in cambio del giuramento di fedeltà, pretendevano di sfruttare a piacimento un certo territorio, avere un esercito proprio, amministrare la giustizia ecc. Questo rendeva spesso incerta la successione ed era la principale causa della debolezza interna dello stato, della quale seppero profittare nel XV sec. gli urriti. Un aspetto originale dell’organizzazione sociale fu quello del diritto: le leggi ittite (delle quali possediamo due raccolte) erano piuttosto tolleranti e mostravano rispetto per la vita umana. La necessità di tenere uniti sotto il loro controllo popoli diversi per lingua, istituzioni e costumi obbligò gli ittiti a sviluppare un efficiente apparato burocratico e amministrativo e a dare alla loro politica estera un deciso indirizzo espansionistico, che contribuì a creare un senso di unità comune. La guerra non era solo un mezzo di conquista, ma anche un fattore di aggregazione, alla cui base stava l’organizzazione dell’esercito reso quasi invincibile dall’uso del carro e dalle armi di ferro.